Durarara!!/Volume 1/Capitolo 5

From Baka-Tsuki
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Capitolo 5 - La quotidianità in città: Notte[edit]

Capitolo 5: La quotidianità in città - Notte

"Ad ogni modo, parliamo delle cose che volete fare prima di morire."
Orihara Izaya pose questa spaventosa domanda all’interno di una sala per karaoke. Teneva un drink tra le mani, la voce ferma che risuonava all'interno della stanza.
Le due donne che si trovavano lì con lui si limitarono ad annuire in risposta alla sua domanda.
"Capisco. Sul serio volete morire con uno come me? Là fuori non è pieno di altri bravi ragazzi che potrebbero farvi compagnia?"
"È proprio perché non ce ne sono. È per questo motivo che vogliamo morire."
"Già."
Izaya annuì con aria spensierata, studiando silenziosamente le due. Le loro espressioni non erano particolarmente depresse, e a chiunque non fosse stato a conoscenza dei dettagli non sarebbero mai sembrate tipe da volersi suicidare. Il loro trovarsi lì era in effetti la risposta all’invito: "Moriamo insieme!" che Izaya aveva postato su uno di quei siti dove la gente che voleva farla finita si incontrava per uccidersi poi insieme.
Il contenuto dell'invito di Izaya era sembrato stranamente allegro e positivo. In realtà non c'era stata poi tutta questa casualità, poiché si trattava di una pubblicità su un social network che lui stesso aveva modificato prima di inserirla sulle varie bacheche virtuali. Eppure, cercando fra le altre cose da lui postate, si sarebbe potuto notare come la maggior parte di esse suonasse altrettanto ottimista.
I messaggi erano chiari e andavano subito al sodo. Erano spiegati nel dettaglio, suggerivano svariati metodi per il suicidio e davano una dose non indifferente di incoraggiamento (a farla finita) a chi li leggeva, un comportamento per niente tipico di uno che ha intenzione di uccidere se stesso. Alcuni erano scritti in maniera molto formale, come dei documenti per una qualche azienda famosa. Izaya amava leggere questi suggestionanti "Inviti al suicidio" che scriveva di proprio pugno.
Le due donne davanti a lui avevano deciso di morire. Una perché non riusciva a trovare lavoro, l'altra perché non riusciva a riprendersi dalla fine di una relazione, ed entrambe erano così disperate da arrivare a quel punto.
Ad un prima occhiata sarebbe potuto sembrare impossibile per qualcuno uccidersi per motivazioni così banali, ma sin dalla recessione economica il numero di persone che si toglievano la vita a causa del fallimento della propria carriera era in costante aumento di anno in anno. Classificando questa gente secondo il fatto che fossero assunte o meno, si poteva infatti constatare che la maggior parte erano disoccupati. Inoltre, se li si considerava a seconda dell'età, si poteva notare che i suicidi di chi aveva meno di vent'anni erano molto inferiori di quelli in altre fasce d'età. Recentemente, dopo la rilevanza mediatica data ai suicidi dovuti al bullismo scolastico, alla società era stata data l'impressione che la maggior parte di questi casi si applicasse ai giovani. Tuttavia la maggior parte di essi erano in realtà adulti.
Proprio come le due di fronte ad Izaya. Erano entrambe adulte, all'incirca di venticinque o ventisei anni.
Incontrare gente che voleva uccidersi: l'aveva già fatto più di una ventina di volte. Durante questi incontri Izaya aveva notato che molti di loro non avevano granché in comune. L'attitudine che le persone hanno nei confronti della morte varia enormemente. Alcune mantengono il sorriso per tutto il tempo. Altri volevano chiaramente morire, ma continuavano comunque a registrare i loro programmi TV prima di uscire da casa.
Però nessuna delle persone che Izaya aveva incontrato si era tolta la vita, alla fine. Questo lo faceva sentire insoddisfatto.
I notiziari amavano coprire i suicidi come quelli avvenuti negli ultimi anni, specialmente a causa dell'influenza dei media, secondo i quali le persone si incontravano su dei siti internet per morire insieme. I media non coprivano però i casi di suicidi singoli, che si aggiravano intorno ai trentamila solo negli ultimi anni.
Cosa pensavano quando hanno deciso di morire? Davvero non c'era nessuna altra scelta? Oppure, per chi volevano morire? Quando hanno deciso di morire, quale profonda disperazione provavano nei loro cuori?
Orihara Izaya amava gli esseri umani più di ogni altra cosa, e di conseguenza voleva davvero conoscere le risposte ai suoi quesiti. Non le aveva incontrate per parlare di suicidio, però. E la ragione per cui le persone che incontravano Izaya non si toglievano la vita non era perché non avessero mai avuto intenzione di morire sin dall'inizio e avessero accettato di incontrarlo solo per gioco, né perché si erano pentite della propria scelta.
La vera natura di Izaya si stava rivelando lentamente proprio grazie ai suoi modi di fare.
Dopo aver ascoltato le motivazioni che le spingevano ad uccidersi, Izaya alzò la voce e pose una domanda differente con una certa nonchalance.
"Allora, cosa farete dopo essere morte?"
Sentendo quella domanda, le due donne si bloccarono, guardando Izaya con espressione vacua.
"Ehm...vuoi dire, dopo essere andate in paradiso?"
-Ha già deciso di uccidersi eppure vuole comunque andare in paradiso. Quanto può essere sfacciata? Ma ovviamente cose del genere rendono gli umani ancora più interessanti.
"Nakura-san crede nella vita dopo la morte?" chiese l'altra donna a Izaya. Nakura era il nome falso con il quale Izaya si presentava ogni tanto. Sorrise e agitò la mano in risposta, domandando invece: "Piuttosto, voi due ci credete?"
"Io sì. Ma più che all'aldilà, credo che le persone diventino fantasmi che vagano in questo mondo..."
"Io non lo credo affatto. La morte è un'estensione del nulla, solo un frammento di oscurità...ma è sempre meglio di questa vita."
Alle loro risposte, Izaya appose nella sua mente un'enorme 'X'.
-Oh, che delusione. È davvero deludente. Un totale spreco di tempo. Sono nella media dei liceali. Gli atei dell'ultima volta erano molto più interessanti. A queste due importa solo di se stesse.
Izaya concluse allora che le due donne non erano serie riguardo alla morte. O forse stavano visualizzando la morte a modo loro. Socchiuse le palpebre e sorrise beffardo.
"Non va bene. Come può una persona che vuole morire pensare alla vita dopo la morte?"
"Eh...?"
Le due erano completamente sconcertate, come se stessero guardando qualcosa di illogico. Izaya continuò.
"Pensare all'aldilà è un diritto riservato soltanto ai vivi. Se si è arrivati alla conclusione di farla finita perché ci si è pensato e ripensato seriamente, allora non ho nulla in contrario. Ma essere costretti all'abisso della disperazione -come vedere i risparmi di una vita rubati da qualche banchiere...quelle persone che sono state gettate in situazioni disperate per colpa di fattori esterni- solo allora esse il diritto di pensarla così."
Izaya continuò a sorridere e disse innocentemente: "Ma voi, voi vi siete procurate questi problemi, dico bene? Avete già deciso di percorrere il cammino della disperazione eppure ponete ancora le vostre speranze nell'aldilà. Non penso sia una bella cosa da fare."
Le due donne allora notarono una cosa. Per tutto il tempo erano state loro a confessarsi sul perché volessero morire, e l'uomo che stava loro dinnanzi non aveva detto nulla su di sé.
"Uhm... Nakura-san... non vuole morire?"
In risposta a una domanda tanto inopportuna e diretta, Izaya rispose impassibile.
"No."
In quell'istante, all'interno della sala, gli unici suoni udibili erano quelli che provenivano dalle stanze adiacenti. Non molto tempo dopo, una delle due donne sembrò dare di matto e urlò.
"Questo è troppo! Come hai potuto mentirci?"
"Tu... ti sei spinto troppo oltre!"
Dopo i capricci della donna, l'altra rimproverò Izaya duramente. Ma anche dopo aver visto le loro reazioni, Izaya non fece una piega.
-Ah, per stavolta è andata così...
Izaya aveva visto situazioni simili molte volte prima di allora. Tutti reagivano in maniera differente. Alcune persone si riprendevano senza battere ciglio, altre andavano via senza dire una parola. Ma non gli era mai capitato qualcuno che rimanesse totalmente calmo. Se qualcuno avesse potuto trovarsi davanti ad una simile situazione e avesse potuto prenderla alla leggera con un "Oh, capisco", allora non avrebbe avuto bisogno di 'compagnia' per morire. Izaya però non aveva ancora visto tutto ciò che il genere umano aveva da offrire, perciò ebbe la sensazione che non avrebbe potuto basare del tutto il suo giudizio sui libri di psicologia. Non ne era troppo sicuro, ma la pensava in quel modo. Se qualcuno fosse riuscito a rimanere calmo in quella situazione, e se quel qualcuno non fosse andato lì per puro divertimento, allora probabilmente era lì perché sperava segretamente che ci sarebbe stato qualcuno con il quale parlare di suicidio, oppure si era recato all’appuntamento per fermare qualcuno dal compiere l'atto stesso; oppure perché semplicemente sono proprio come lui.
"Sei spregevole! Smettila! Chi ti credi di essere? Sei andato troppo oltre!"
"Eh? Perché?"
L'espressione di Izaya diceva qualcosa del tipo ‘Non ho idea di cosa tu stia parlando.’ Il suo sguardo scivolò sulle due donne, poi chiuse gli occhi. I secondi passarono e, quando li riaprì di nuovo, quell'espressione allegra era svanita completamente dal suo volto, rimpiazzata da un altro tipo di sorriso.
"Eh...?"
Guardando il suo volto, la donna che aveva detto di credere nell’aldilà emise un suono molto simile ad un urlo.
Effettivamente c'era un sorriso sul volto di Izaya. Era però un sorriso completamente diverso dal precedente. Solo dopo aver visto quell'espressione le donne capirono davvero il significato del detto ‘esistono diversi tipi di sorrisi’.
Nonostante stesse sorridendo davvero, la sua espressione era rigida, come se avesse indossato una maschera. Anche se si trattava di un sorriso, era estremamente freddo. E più precisamente, proprio perché di un sorriso si trattava, riusciva a far provare alla gente che lo guardava un terrore inspiegabile - ecco, era quel genere di sorriso.
Le due donne avevano inizialmente una lista lunghissima di cose da dire a Izaya, ma in quel momento non facevano che restare in silenzio senza riuscire ad aprire bocca. Era come se si trovassero di fronte ad una creatura disumana.
Izaya però mantenne quel sorriso spaventoso e pose nuovamente la stessa domanda.
"Come? Cosa vuol dire che sono andato troppo oltre? Non capisco."
"È perché..."
"Tu--"
Entrambe furono interrotte dalla risposta perentoria di Izaya.
"Non volevate morire? Allora ha forse senso quello che potrei dirvi? Anche se vi avessi mentito o vi avessi sgridato, sareste comunque morte entro poco tempo. Per cui se siete angosciate perché vi ho mentito, allora perché semplicemente non vi mordete la lingua? Sapete, mordendosi la lingua per suicidarsi non si muore di emorragia ma a causa dello shock momentaneo che spinge la parte restante della lingua a comprimere la trachea portando al soffocamento. Così facendo, tutte le cose che trovate spiacevoli spariranno. Non esistereste più. È così semplice, ma voi dite che sono andato troppo oltre."
"Questo lo capisco! Però..."
"Non capisci affatto."
Izaya si rivolse con la donna che aveva detto "la morte è un'estensione del nulla", ed il tono con il quale parlò fu ancora più severo – con quel sorriso sulle labbra.
"Sei tu quella che non capisce. Non capisci affatto. Hai appena detto che la morte è un grosso pezzo di nulla, no? Ma non è affatto vero. Immagino che volessi dire che non avresti più avuto preoccupazioni. La morte è il semplice svanire. I tuoi problemi non svaniranno, solo la tua esistenza lo farà."
Le donne non risposero. Erano pietrificate dal sorriso di Izaya - che diventava sempre più mostruoso, e alle due che lo stavano ascoltando sembrava sempre più difficile credere che egli fosse realmente umano.
"Una situazione in cui non c'è nulla non può essere chiamata 'nulla'. E nemmeno può essere definita 'qualcosa'. Il nulla di cui parli è dove non c'è realmente nulla a parte l'oscurità. Questa nozione è basata però sul concetto di 'esistenza dell'oscurità', perciò come potrebbe mai essere il nulla? Se volete liberarvi dei dispiaceri morendo, allora avete bisogno della consapevolezza di essere sfuggite dai vostri problemi. Non è forse qualcosa? Dunque come ho detto non avete nemmeno idea di cosa state pensando, e non sapete nemmeno di non sapere nulla, per cui non sarete assolutamente in grado di immaginare qualcosa del genere. I vostri modi di pensare non sono diversi da quelli della maggior parte della gente. Arrivati a questo punto le opinioni sono qualcosa che anche gli studenti di scuola elementare capiscono, temono e delle quali hanno paura, non è così?"
In realtà le due donne sapevano che la teoria di Izaya era piena di punti ciechi, e che avrebbero potuto confutare le sue tesi. Potevano però, pur ribattendo, comunicare con la persona che si trovavano davanti con delle semplici parole?
Tali domande non sorgevano dal dubbio, ma dalla paura.
“Ma…questo…questo non è soltanto il tuo pensiero?”
La donna raccolse tutto il proprio coraggio per far sì che le parole le uscissero dalle labbra, coraggio che vacillò facilmente quando Izaya le sorrise.
“È vero. Non ho la più pallida idea di queste opinioni. Il fatto che io non creda nell’aldilà è qualcosa che ho scelto per me. Però sarebbe stato bello se ce ne fosse stato uno – almeno presumo.”
"Ha ha." Izaya pronunciò due volte una risata asciutta, fredda, e continuò con voce suadente.
“Ma per voi è diverso. Avete dubbi sull’aldilà, eppure volete comunque morire. Fatemi indovinare, la vostra religione vi insegna a commettere suicidio, o vi incoraggia ad uccidervi perché ‘non riuscite a trovare lavoro o perché avete problemi d’amore’? Se fosse così non avrei nulla da ridire. Penserei addirittura che siate fantastiche – ma se non è così, allora state zitte.”
Infine, come se desiderasse un’approvazione da parte loro, piegò la testa di lato e rivelò lentamente la sua conclusione: “Se siete soltanto dei credenti saltuari dell’aldilà, non andate in giro a parlarne, ok? È un insulto all’aldilà stesso. Ed è un insulto ancora più grande alla gente che non vuole morire, ma sono costretti dalle circostanze.”
Dopodiché, i secondi passarono. Nonostante fossero solo una manciata, alle due donne sembrò un tempo infinitamente lungo. Nel breve lasso di tempo che sembrava durare un’eternità, Izaya chiuse di nuovo gli occhi. Quando li riaprì però il suo sorriso era tornato calmo e rilassato. L’aria intorno a loro sembrò tornare a muoversi, ma le due donne non si spostarono comunque di un millimetro, e Izaya cominciò a dir loro cose totalmente diverse da quelle già spiegate.
“Ahahahah, quando ho chiesto cosa sarebbe accaduto dopo la vostra morte stavo parlando di soldi in realtà!”
“…Eh?!
“Odio gli sprechi. Per cui, posso chiedervi di farvi prestare quanti più soldi potete, darli a me e poi morire? Le revisioni assicurative sono complesse, e probabilmente non lo scoprirebbero mai, per cui sarebbe più semplice per voi imprestare dei soldi. Così alla vostra morte almeno quelli non andranno sprecati. Se vendo a un medico i vostri corpi, sarò in grado di ricavarne una bella somma. Inoltre ho alcuni agganci con gente specializzata in questo genere di cose.”
Completamente diverso da ghigno di poco prima, il sorriso di Izaya era invece molto umano, e le sue parole erano fedeli al desiderio che provava per gli umani. Le donne cercarono di dire qualcosa, ma Izaya le stroncò.
“Lasciate che vi ponga alcune domande. Domanda numero uno. Perché sono seduto vicino alla porta?”
Le due notarono allora che Izaya era seduto in modo tale che sembrava stesse deliberatamente bloccando l’ingresso, e provarono un tipo di paura del tutto diversa dalla precedente. Se il sorriso di Izaya era il sorriso del diavolo, allora l’Izaya di quell’istante sembrava l’agglomerato di tutti i sentimenti negativi dell’umanità.
“Domanda numero due. A cosa servono quelle valigie con le rotelle che ci sono sotto il tavolo?”
Fu solo quando Izaya le menzionò che le donne si accorsero che c’erano due grandi valigie sotto il tavolino, posizionate di fronte ai loro posti. Erano di quelle usate per portare grossi bagagli in vacanza.
“Primo indizio. Le valigie sono vuote.”
Alle sue parole, entrambe sentirono una certa agitazione crescere in loro. Benché anche per le due si trattasse del primo incontro, provarono esattamente le stesse sensazioni nei confronti di Izaya.
“Secondo indizio. Sono state scelte perché sono della vostra misura.”
Il senso di nausea si impadronì di loro, giungendo dritto dall’uomo che avevano di fronte. Ma c’era qualcos’altro che faceva girare la stanza intorno a loro.
“?! Che… succede…”
Quando realizzarono il proprio svantaggio era già troppo tardi, poiché avevano a stento la forza di stare in piedi.
“Domanda numero tre. Se entrambe mi aveste attaccato nello stesso momento avreste potuto battermi, dunque perché non potete? Indizio. Vi ho passato io i drink quando ce li hanno portati.”
Il mondo non smetteva di girare. Nell’annebbiamento dei sensi sentirono la voce di Izaya fluttuare nelle loro orecchie. Era come una nenia che le risucchiava nell’oscurità.
“È l’amore! Non provate nessun amore nei confronti della morte. Dovete affrontare la morte con amore, ma avete troppo poco rispetto per il nulla. In questo caso, come potrei mai morire volentieri con voi?”
Poi, con il loro ultimo briciolo di forza, una delle donne imprecò velenosa contro Izaya.
“Non… ti perdonerò mai! Io… ti ucciderò…!”
Nel sentire le sue parole Izaya ghignò, accarezzandole gentilmente la guancia.
“Eccellente. Se hai la forza per odiare, allora puoi anche vivere. Sono fantastico. Ti ho salvato la vita. Devi ringraziarmi come si deve, ok?”
Una volta confermato che avesse perso conoscenza, Izaya si grattò una tempia e rimase a pensare per qualche istante.
“Ah, però non mi piace essere odiato dagli esseri umani. Penso che vi ucciderò e basta.”

♂♀




Era mezzanotte, la giornata era quasi finita. In un angolo del South Ikebukuro Park si trovavano due figure in piedi. Una di loro era Orihara Izaya, l’altra un’ombra completamente nera.
『 Quindi devo solo metterle su una panchina e basta? 』
Tenendo fra le dita un manuale per l’utilizzo degli apparecchi elettronici, Celty digitò la frase e la lasciò leggere a Izaya. Egli sorrise e rispose allegro con un breve “Sì.”
Restando davanti all’ombra scura, Izaya rise contento mentre contava le sue banconote.
“In realtà volevo portarle presso una società di prestiti, ma onestamente mi sono stancato.”
『 Certo che ne hai di faccia tosta per dire una cosa del genere. 』
Il lavoro assegnato a Celty stavolta consisteva nello spostare due persone. Dopo aver indossato il casco ed essere entrata nel karaoke, il personale l’aveva accompagnata silenziosamente nella sala in cui si trovava Izaya. Nel momento in cui aveva fatto il suo ingresso nella stanza aveva trovato Izaya che cercava di infilare le donne prive di conoscenza in delle valigie. Quando stava per chiedergli spiegazioni, Izaya semplicemente le sorrise e le chiese di dargli una mano.
Alla fine, Celty lo aiutò a portarle all’interno del parco, ma non aveva ancora idea di cosa stesse succedendo.
“Sono stanco di tutto questo. E poi si tratta di un hobby, non di lavoro. Ah, grazie per oggi. La gente che di solito mi aiuta con queste faccende era impegnata altrove. Normalmente ti manderei a casa, ma penso che la tua moto sia già al limite dopo aver attraversato tutto il parco.”
Chiunque avesse partecipato ad un’azione così meschina, probabilmente non avrebbe potuto essere definito onesto. Cionondimeno così facendo Celty avrebbe potuto essere considerata questo genere di persona, ma ci aveva fatto l’abitudine più o meno.
Un lavoretto rapido come quello non era particolarmente spiacevole, ma nemmeno le piaceva troppo.
『 Non è che in qualche modo avremo a che fare con la polizia, vero? Non mi coinvolgere. 』
“Non preoccuparti. Non ti ho chiesto di spostare dei cadaveri. Ti ho chiesto soltanto di portare due donne ubriache su una panchina.”
『 Non hai bisogno di una valigia per farlo. 』
Izaya non riuscì a trovare del sarcasmo in quella frase, e si limitò a osservare disinteressato il corriere dal volto coperto. Poi chiese improvvisamente: “Dimmi corriere, tu credi nell’aldilà?”
『 Perché questa domanda? 』
“Non ti serve saperlo, prendila come una parte del tuo lavoro e rispondimi.”
『 Potresti saperlo se morissi. 』
Con calma Celty digitò la sua risposta sul PDA. Poi formulò una domanda e la mostrò a Izaya.
『 E tu? 』
“A dire il vero no. Ho parecchia paura di morire e mi piacerebbe vivere ancora un altro po’.”
『 Sei uno che si diverte nel drogare le donne, vivi facendo l’informatore eppure vuoi vivere comunque a lungo? 』
Leggendo questa domanda così spontanea, Izaya rise imbarazzato. Dall’espressione che aveva sarebbe stato difficile immaginarlo come uno che era dentro fino al collo nel mondo della criminalità.
“Perché se morissi svanirei. Se non usassi la mia vita per fare tutto quello che mi va, non avrei poi dei rimpianti?”
Celty aggiunse un altro rigo: ‘Schifoso bastardo’ e lo cancellò prima che Izaya potesse leggerlo.
Orihara Izaya era un umano come un altro. Pur essendo un criminale non era esageratamente violento, né particolarmente insensibile o lontanamente vicino quel tipo di persona che sarebbe in grado di uccidere senza battere ciglio.
Tutti i desideri mortali che la gente possedeva li aveva anche lui. Tutto quello che di poco raccomandabile potesse esistere lui l’aveva provato. Era quel tipo di persona. Non un genio criminale, uno semplicemente ossessionato dai suoi interessi. Man mano che i suoi interessi si facevano più insistenti, era riuscito ad imparare molte cose durante il suo perseguire la conoscenza, e alla fine era stato capace di guadagnare meschinamente vendendo informazioni sia alla malavita che alla polizia.
Il nome di Izaya era però già notoriamente conosciuto un po’ ovunque, e lui stesso ne era a conoscenza.
Normalmente il suo nome non avrebbe dovuto essere pronunciato come Izaya. Esso derivava dalle combinazione del profeta biblico Isaia e dal termine giapponese per ‘colui che controlla le genti’. La vita di Izaya era però diversa dalla narrazione biblica, e forse era proprio questa contraddizione che gli permetteva di essere così bravo nel trattare le situazioni più varie rispetto alle gente comune. Ed era per questo motivo che si era trovato a vivere in quel modo. Valutava la vita come avrebbe fatto una persona qualunque, conosceva i propri limiti e si guardava bene le spalle se necessario. Probabilmente fu quell’attitudine a permettergli di continuare ad immergersi nei suoi interessi ed evitare di inimicarsi quelli della malavita, così da evitare il suo ‘svanire’. Dopo aver lasciato il lavoro nelle mani di Celty, Izaya inspirò profondamente l’aria malsana di Ikebukuro che sembrava essere vecchia di settimane, decidendo poi di andarsene.
Com’erano le due donne che aveva incontrato? Com’erano vestite? Erano carine o brutte? Il trucco era decente o faceva schifo? Che voci avevano? Perché volevano morire? E poi, il fatto che avessero o meno intenzione di morire – tutto questo era già molto lontano dai suoi pensieri.
Orihara Izaya era del tutto ateo. Non credeva negli spiriti, così come non credeva nell’aldilà. Era per quel motivo che voleva capire così disperatamente gli esseri umani, ed era anche la ragione per la quale sviluppava interesse nei loro confronti così facilmente, così come la ragione per la quale riusciva a calpestarli proprio come aveva appena fatto.
Per la gente che non aveva bisogno di essere compresa, Izaya non provava alcun interesse.
Aveva camminato soltanto per dieci metri ma aveva già rimosso del tutto i nomi delle due persone che avevano voluto suicidarsi. Era un informatore lui, e le informazioni necessarie gli avrebbero soltanto dato fastidio. E poi in quel momento era interessato a due cose.
La prima era la vera identità del corriere che indossava sempre il casco e non pronunciava una parola. Era l’esistenza dell’entità che cavalcava una moto che non emetteva un solo suono e impugnava una falce nera, come l’Oscuro Mietitore.
L’altra cosa era il gruppo che bazzicava per Ikebukuro chiamato ‘Dollars’.
“Sono così emozionato. Sono così emozionato! Anche se sono un informatore, ci sono così tante cose che non so di questa città e cose che continuano a venir fuori ancora e ancora e ancora, apparendo e scomparendo. È questo il motivo per cui non posso lasciare una città in cui si riuniscono così tanti esseri umani! L’AMORE UMANO! Amo gli esseri umani! Vi amo tutti! Ed è per questo motivo che tutti voi dovreste amarmi.”
Dopo essersi così proclamato, infilò la mano nel taschino della giacca e ne pescò il proprio PDA. Lo accese e digitò la chiave d’accesso alla propria mail. Il suo sguardo si soffermo sulle informazioni di una persona ben specifica. I dati mostravano che il nome del tipo in questione consisteva in ideogrammi piuttosto solenni.
Lesse ‘Ryuugamine Mikado’, ed era lo stesso nome del ragazzo che aveva incontrato quel giorno.