Difference between revisions of "Fate/Zero:Prologo"

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Il sogno di quell’uomo era puro.
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Il suo desiderio era che ognuno in questo mondo fosse felice, ed era tutto ciò che chiedeva.
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Qualunque felicità richiede un sacrificio, è qualcosa che tutti i bambini imparano, una volta diventati adulti.
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Ma quell’uomo era diverso.
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Forse era soltanto il più pazzo di tutti. Forse era rotto da qualche parte. O forse, avrebbe potuto appartenere alla categoria di quelli che chiamiamo “santi”, affidati alla volontà di Dio.
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Per distruggere il dolore in questo mondo, non esisteva nessun’altra via più efficiente.
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Per salvare anche una sola vita da un lato, doveva abbandonarne una dall’altro.
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Questo significava che, per permettere alla maggior parte delle persone di sopravvivere, doveva ucciderne una minoranza.
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Perciò, piuttosto che salvare le persone per il semplice desiderio di farlo, eccelse nell’arte di ucciderle.
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Ancora e ancora, continuò a tingere le proprie mani del colore del sangue, ma l’uomo non si tirò mai indietro.
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Senza mai porsi domande riguardo alla rettitudine delle proprie azioni, né dubitare riguardo al proprio scopo, si costrinse unicamente a dare il tracollo alla bilancia, senza errore.
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Senza mai giudicare in modo sbagliato il valore di una vita.
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Senza riguardo per l’umiltà di un’esistenza, e senza riguardo per la sua età, tutte le vite erano stimate allo stesso modo.
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Senza discriminazione, l’uomo salvò vite, e, senza discriminazione, uccise.
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Ma, purtroppo per lui, se ne accorse troppo tardi.
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Valutare ogni cosa allo stesso modo, sarebbe stato lo stesso che non amare nessuno in modo particolare.
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Avesse scolpito prima questa regola inviolabile nel proprio cuore, avrebbe ottenuto la salvezza.
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continuò a condurre una vita dedita allo smistamento di chi doveva morire, e chi doveva vivere. Probabilmente, per lui non ci sarebbe stata alcuna sofferenza.
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Ma quell’uomo era in errore.
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Il sorriso colmo di gioia del primo venuto avrebbe riempito il suo petto di orgoglio, come anche la voce gemente di uno sconosciuto avrebbe scosso il suo cuore.
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La rabbia si aggiunse al suo risentimento, e si ritrovò pieno di rimorsi, mentre le sue lacrime di solitudine desiderarono delle mani che si tendessero verso di lui.
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Anche se stava inseguendo un ideale oltre la ragione del mondo degli uomini- pure lui era umano.
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Quante volte l’uomo fu punito per questa contraddizione?
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Aveva conosciuto l’amicizia. Aveva conosciuto l’amore.
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Anche quando, ponendo quell’unica vita amata, e un infinito numero di perfetti sconosciuti, alla sinistra e alla destra della bilancia…

Revision as of 12:11, 5 March 2010

Prologue

8 anni fa

Lasciate che vi racconti la storia di un certo uomo.

Il racconto di un uomo che, più di chiunque altro, credeva nei propri ideali, e da essi fu condotto alla disperazione.

Il sogno di quell’uomo era puro.

Il suo desiderio era che ognuno in questo mondo fosse felice, ed era tutto ciò che chiedeva.

È un ideale puerile a cui tutti i ragazzi si appigliano almeno una volta nella vita, e che abbandonano non appena si abituano alla durezza della realtà.

Qualunque felicità richiede un sacrificio, è qualcosa che tutti i bambini imparano, una volta diventati adulti.

Ma quell’uomo era diverso.

Forse era soltanto il più pazzo di tutti. Forse era rotto da qualche parte. O forse, avrebbe potuto appartenere alla categoria di quelli che chiamiamo “santi”, affidati alla volontà di Dio.

Uno che le persone comuni non possono capire.

Lui sapeva che per qualunque esistenza a questo mondo, le uniche due alternative sono il sacrificio o la salvezza…

Dopo aver capito questo, non sarebbe mai più stato in grado di vuotare i piatti della bilancia…

Da quel giorno in avanti, allora, mise il suo cervello al lavoro, di modo da diventare colui che avrebbe fatto pendere la bilancia.

Per distruggere il dolore in questo mondo, non esisteva nessun’altra via più efficiente.

Per salvare anche una sola vita da un lato, doveva abbandonarne una dall’altro.

Questo significava che, per permettere alla maggior parte delle persone di sopravvivere, doveva ucciderne una minoranza.

Perciò, piuttosto che salvare le persone per il semplice desiderio di farlo, eccelse nell’arte di ucciderle.

Ancora e ancora, continuò a tingere le proprie mani del colore del sangue, ma l’uomo non si tirò mai indietro.

Senza mai porsi domande riguardo alla rettitudine delle proprie azioni, né dubitare riguardo al proprio scopo, si costrinse unicamente a dare il tracollo alla bilancia, senza errore.

Senza mai giudicare in modo sbagliato il valore di una vita.

Senza riguardo per l’umiltà di un’esistenza, e senza riguardo per la sua età, tutte le vite erano stimate allo stesso modo.

Senza discriminazione, l’uomo salvò vite, e, senza discriminazione, uccise.

Ma, purtroppo per lui, se ne accorse troppo tardi.

Valutare ogni cosa allo stesso modo, sarebbe stato lo stesso che non amare nessuno in modo particolare.

Avesse scolpito prima questa regola inviolabile nel proprio cuore, avrebbe ottenuto la salvezza.

Congelando il suo giovane cuore in necrosi, modellando il proprio io come una macchina per misure, senza sangue né lacrime, continuò a condurre una vita dedita allo smistamento di chi doveva morire, e chi doveva vivere. Probabilmente, per lui non ci sarebbe stata alcuna sofferenza.

Ma quell’uomo era in errore.

Il sorriso colmo di gioia del primo venuto avrebbe riempito il suo petto di orgoglio, come anche la voce gemente di uno sconosciuto avrebbe scosso il suo cuore.

La rabbia si aggiunse al suo risentimento, e si ritrovò pieno di rimorsi, mentre le sue lacrime di solitudine desiderarono delle mani che si tendessero verso di lui.

Anche se stava inseguendo un ideale oltre la ragione del mondo degli uomini- pure lui era umano.

Quante volte l’uomo fu punito per questa contraddizione?

Aveva conosciuto l’amicizia. Aveva conosciuto l’amore.

Anche quando, ponendo quell’unica vita amata, e un infinito numero di perfetti sconosciuti, alla sinistra e alla destra della bilancia…