Bakemonogatari: Capitolo 005
Due ore dopo.
Mi trovavo nell’appartamento di Senjougahara, dopo aver lasciato Oshino e Shinobu nella scuola preparatoria abbandonata.
Casa di Senjougahara.
Tamikura-sou, si chiamava.
Un appartamento in legno di due piani, costruito 30 anni fa. Cassetta di latta per la posta vicino alla porta. Una doccia e un bagno ben fornito inclusi, a malincuore, in ogni appartamento. Una camera da sei tatami* con un piccola lavandino. Venti minuti a piedi per arrivare alla fermata autobus più vicina. Affitto che andava dai 30.000 ai 40.000 yen a seconda della stanza (erano compresi manutenzioni, servizi pubblici e canone di associazioni di quartiere).
Non esattamente quello che Hanekawa mi aveva lasciato credere.
E la mia espressione doveva far capire quello che pensavo. Senza dire nulla, Senjougahara rispose seccamente: “Mia madre fa parte di una setta.”
Come se quella fosse una scusa.
Stava chiaramente sorvolando su tutto.
“Ha dato tutti i nostri soldi a loro, e ci ha fatti indebitare fino al collo con questa donazione. La nostra casa va verso la rovina.”
“Una setta?”
Sarà stata una di quelle pericolose nuove ‘religioni’.
Portano tutte allo stesso risultato.
“I miei hanno finalmente deciso di divorziare alla fine dell’anno scorso. Mi ha preso mio padre, e viviamo qui. O almeno, io lo faccio… tutti i debiti sono a nome di mio padre, che non fa altro che lavorare giorno e notte per cercare di estinguerli, e così non è mai a casa. Praticamente vivo da sola. Con tutto quello che comporta.”
Sembrava una cosa figa.
“Ma l’indirizzo ufficiale sui registri della scuola è ancora quello vecchio. Hanekawa-san l’avrebbe dovuto sapere.”
Hm…
Non si dovrebbe cambiare?
“Preferisco che dei potenziali nemici non sappiano che vivo qua.”
“Tutti sono dei nemici, eh?”
Di solito, sarebbe sembrata un’esagerazione. Ma se avessi avuto un segreto da proteggere, sarebbe potuto essere stato un livello ragionevole di attenzione.
“Senjougahara. Quando tua madre si è unita a questa setta… aveva intenzione di aiutarti?”
“Che domanda terribile.” Rise “Non lo so. Forse no.”
Che risposta terribile.
Era stata una domanda terribile. Il solo pensiero mi fece rivoltare lo stomaco. Non avrei dovuto chiederlo, (e perché l’ho chiesto?), Senjougahara aveva assolutamente fatto bene a scaricare tutta la sua rabbia con le parole.
Naturalmente la sua famiglia aveva notato che la propria figlia non pesava più nulla. Soprattutto sua madre. La famiglia non era come la scuola, dove ognuno di noi possiede un po’ di spazio intorno al proprio banco e stop. Se succede qualcosa di terribile a tua figlia, lo noti subito. E quando i medici non ebbero idea di come aiutarla, e continuavano a fare esami su esami, nessuno poteva incolpare la madre se era andata a cercare aiuto in altri posti. No, forse non bisogna incolparla.
Non dovevo dirlo.
Non avrei dovuto parlare come se non avessi capito nulla.
In ogni caso.
In ogni caso, ero a casa di Senjougahara, stanza 201 del Tamikura-sou, seduto su un cuscino a guardare il vapore salire dalla tazza di tè che mi aveva dato.
Data la sua personalità, mi aspettavo che mi lasciasse fuori, ma lei mi aveva buttato dentro casa, e aveva anche fatto il tè. Era un vero shock.
“Ho intenzione di torturarti.”
“Um…”
“Intendevo, darti il benvenuto.”
“Bene.”
“No, forse volevo veramente torturarti.”
“Preferirei ricevere il benvenuto! Nessun altra opzione è accettabile! Non tutti possono correggere i propri errori! Ben fatto, Senjougahara-san!”
E questa fu tutta la conversazione che tenemmo. Finì quando mi sedetti lì, agitato. Non riuscivo ad ammettere che mi sentivo impacciato nell’essere entrato nella casa di una ragazza che avevo appena conosciuto. Tutto quello che riuscivo a fare era fissare il mio tè.
Senjougahara stava facendo una doccia.
Stava pulendo il suo corpo, purificando sé stessa.
Oshino le aveva detto di lavarsi con acqua fredda, e poi cambiarsi i vestiti – non dovevano essere nuovi o nient’altro, solo puliti.
E l’avevo accompagnata. Era stata sulla mia bici dalla scuola fino alla ‘casa’ di Oshino, quindi non c’era alternativa, ma Oshino le aveva lasciato anche altre istruzioni.
Mi guardai intorno. Era davvero spoglia – difficile da credere che una ragazza adolescente vivesse lì. Mi appoggiai sul comò dietro di me.
Riflettei sulla diagnosi di Oshino.
Quando Senjougahara aveva finito di raccontargli la sua situazione, Oshino annuì, fissò il soffitto per un lungo momento, e alla fine disse: “Un Granchio di Burden.”
“Cioè?” Senjougahara lo torchiò.
“Una leggenda popolare nelle montagne di Kyushu. In alcuni posti lo chiamano Granchio di Burden, in altri Granchio del Peso, in altri ancora Granchio Togli-Peso, e in alcuni lo chiamano addirittura Dio. Dopo tutto, Kami e Kani non sono così diversi.** I dettagli cambiano, ma l’unica cosa che tutte le storie hanno in comune è che questo granchio toglie il peso alle persone. Per le persone che lo incontrano – che lo incontrano nel modo sbagliato – è come se loro non esistessero allo stesso modo in cui erano abituati.”
“Cambia il modo in cui esisti?”
Sei diventata fragile.
Delicata.
E più bella.
“In alcuni casi, le persone cessano di esistere. Se si va nella zona alta del paese c’è una cosa chiamata Roccia di Burden, ma non credo siano collegati. Una è una roccia e l’altra un granchio.”
“Quindi… è veramente un granchio?”
“Sei così stupido, Araragi-kun.” Sembrava che Oshino fosse completamente disgustato da me. “Stiamo parlando della Prefettura di Miyazaki… forse Oita, anche. Là non ci sono nemmeno i granchi. E’ solo una storia. E le cose che non si incontrano spesso si fanno diventare cavolate più facilmente. Proprio come è più facile ottenere delusioni e pettegolezzi lavoricchiando.”
“Quindi tutto ciò che è giapponese sono granchi?”
“Potresti aver mangiato delle cose americane. Ma dovresti studiare bene le vecchie storie giapponesi, Araragi-kun. Hai mai sentito parlare del Granchio e della Scimmia? La Russia ha una famosa storia sul granchio, e anche la Cina ne ha alcune. Il Giappone non fa eccezione.”
“Oh, giusto. Ho sentito questa storia. Oppure ne ho sentito parlare. Però… perché Miyazaki?”
“Chi è che è stato attaccato da un vampiro in una rude cittadina di campagna? Il luogo non ha importanza. Contano solo le condizioni che sono nate lì.”
Sebbene anche Oshino ammettendo il clima locale ha giocato un fattore.
“Non deve essere per forza un granchio, davvero. Potrebbe essere un coniglio. Alcune storie ne parlano come una bella donna – non come Shinobu-chan o altro, ma le storie esistono.”
“Hm, come i modelli sulla luna.”
Già la chiamiamo Shinobu-chan?
Improvvisamente mi dispiaceva per lei.
Una volta era un vampiro leggendario…
Ora ci si rivolgeva a lei con –chan.
“Ma se dici di aver incontrato un granchio, possiamo supporre che è un granchio. Il tipo più comune, dopo tutto.”
“Ma che cos’è?” Senjougahara ringhiò. “Non me ne frega un cavolo di come si chiama.”
“Dovresti. Il nome è tutto. Come ho appena detto, Araragi-kun, nelle montagne di Kyushu non ci sono granchi. Ce ne sono alcuni al Nord, ma pochi di loro hanno fatto strada fino ad arrivare a Kyushu.”
“Ci sono quelli di acqua dolce.”
“Forse sì, ma non è questo il punto.”
“Allora qual è il punto?”
“Questo non è abituato ad essere un granchio. E’ abituato ad essere un dio – kami, non kani. Il dio del peso si è evoluto in un granchio. Voglio dire, questa è solo la mia personale teoria. La maggior parte delle persone la pensa in un altro modo. O almeno insistono che entrambi fossero in giro fin dall’inizio.”
“In entrambi i casi, non ha mai sentito parlare di loro.”
“Certo che sì.” Disse Oshino. “Ne hai incontrato uno.”
Rimase in silenzio.
“Ed è ancora in te.”
“Puoi… vederlo?”
“Non riesco a vedere nulla” rispose Oshino, ridacchiando allegramente. Una risata impropriamente piacevole, che evidentemente Senjougahara intese nel modo sbagliato.
Ebbe un effetto simile su di me.
La stava chiaramente prendendo in giro.
“Non è il tuo lavoro?”
“Lo è? Il punto è che nessuno può vederli.*** Non puoi vederli, non puoi toccarli. E’ normale.”
“Normale. Ma…”
“I fantasmi non hanno le gambe, i vampiri non hanno riflessi, ma non è questo il punto, vero? Cose del genere non possono essere capite. E lasciamelo dire, ragazza – se nessuno può vederli e nessuno può toccarli… esistono?”
“Loro… hai appena detto di sì!”
Note di traduzione
- Il tatami, oltre ad essere il tipico pavimento delle stanze giapponesi, viene anche usato per misurare le stanze.
- Kami vuol dire dio, kani vuol dire granchio.
- Ok, qua c’era una parola che sinceramente non so come voglia dire “Chimi-moryo”. Se qualcuno sa cosa come si traduce, modifichi pure la frase. Gwenny