Hyouka (Italiano):Volume 1 Capitolo 3

From Baka-Tsuki
Jump to navigation Jump to search

3 - Le Attività del Prestigioso Club di Letteratura

Mi era venuta in mente una domanda: cosa si faceva in un club di letteratura? Gli unici studenti, che avrebbero saputo la risposta, ormai non frequentavano più la scuola e non mi andava di chiedere agli insegnanti. Avrei potuto chiederlo a mia sorella, ma purtroppo era a Beirut. Nonostante fosse raro trovare un club che non sapesse cosa fare, non valeva la pena preoccuparsene. D’altro canto, esistevano un sacco di altri club il cui motivo della loro esistenza poteva essere classificato solo come un mistero.

Era passato un mese dal giorno in cui il club di letteratura era rinato. L’aula di geografia non era più un angolo privato, ma rimaneva pur sempre un luogo rilassante, perfetto per ammazzare il tempo, ogni volta che mi annoiavo dopo le lezioni. Al suo interno potevano esserci Satoshi, Chitanda, entrambi oppure nessuno dei due, tuttavia l’atmosfera non cambiava. Potevamo scegliere di chiacchierare oppure di rimanere in silenzio. Infatti, Satoshi era il genere di persona che riusciva tranquillamente a sopportarlo e la tranquillità si addiceva bene anche a una ragazza graziosa come Chitanda, purché la sua curiosità non esplodesse. Pertanto, il nostro assomigliava più a un club per il tempo libero piuttosto che a un vero e proprio club scolastico.

Anche se Satoshi credeva il contrario, in realtà la presenza intorno a me di altre persone non mi aveva mai infastidito. Pertanto, la compagnia di lui e Chitanda non mi dispiaceva.

Durante una giornata piovosa, mi trovavo nell’aula del club insieme a Chitanda. Ero seduto su una sedia vicino alla finestra, mentre leggevo un libro tascabile piuttosto economico. Chitanda, invece, era seduta nella parte anteriore della stanza e, per qualche motivo, leggeva un libro molto spesso. Insomma, quello sembrava uno di quei classici pomeriggi fiacchi dopo le lezioni.

Guardando l'orologio, notai che erano passati solo 30 minuti. Non era trascorso molto tempo. Dire che fossi rilassato, in realtà, non era esattamente corretto. Piuttosto, il fatto che stessi entrando in uno stato di pace e tranquillità mi rendeva nervoso. Infatti, stavo consapevolmente cercando di risparmiare energie per il maggior tempo possibile, tutto qui.

Il silenzio era rotto solamente dal suono delle pagine che giravano e dalle gocce di pioggia fuori.

«...»

Mi sentivo stanco, così stavo programmando di tornare a casa non appena avesse smesso di piovere.

"Tonf". Sentii il suono di un libro che veniva chiuso. A quel punto, Chitanda, che sedeva con la schiena rivolta verso di me, sospirò e disse:

«È stato davvero poco produttivo».

Anche se non mi guardava, era chiaro che stesse parlando con me piuttosto che con sé stessa. Tuttavia, non sapevo come rispondere al suo commento improvviso. Allora, provai a chiedere: «Ti riferisci al raccolto della fattoria di famiglia?»

«La nostra fattoria ha due terreni».

Chitanda si girò verso di me e disse come se stesse leggendo: «E sono semestrali, quindi difficilmente sono poco produttivi[1]».

«C’era da aspettarselo da una figlia di proprietari agricoli».

«Non è necessario elogiarmi…»

Ci fu un breve silenzio, seguito dal suono della pioggia.

«No, non era quello che intendevo».

«Ma stavi parlando di qualcosa di "poco produttivo"».

«Sì. Infatti è stato poco produttivo».

«Cosa intendi?»

Chitanda mi fissò intensamente e poi alzò il braccio destro, indicando l'intera stanza.

«Mi riferisco a tutto il tempo che abbiamo trascorso dopo le lezioni. Non abbiamo uno scopo preciso e non stiamo facendo assolutamente nulla di produttivo».

Frequentare il club era solo un modo per ammazzare il tempo e non di certo per fare qualcosa di produttivo. Chiusi il libro che stavo leggendo e guardai verso Chitanda.

«Bene, sono tutto orecchie. Tu cosa faresti in un club di letteratura?»

«Io?»

Spesso le persone non si rendono conto di quello che loro stesse dicono, per questo feci quella domanda diretta e un po’ meschina. Ad ogni modo, io non desideravo fare nulla.

Chitanda rispose senza esitazione: «Un sacco di cose».

«Hmm».

Rimasi sorpreso. Aveva risposto rapidamente. Stavo per chiedere che tipo di attività avesse intenzione di fare, quando lei disse: «Ma è per motivi personali».

In quel caso, non erano necessarie ulteriori domande.

Poi Chitanda continuò:

«Stiamo parlando di un club di letteratura, quindi dovremmo fare delle attività che in qualche modo siano correlate al club. Non possiamo stare seduti a non fare nulla».

«Molto bene, ma ancora non sappiamo quale sia lo scopo del club».

«No, abbiamo uno scopo».

Con l’aria autoritaria di un presidente di un club o con quella di un membro di una famiglia prestigiosa, Chitanda dichiarò: «Pubblicheremo un articolo per il festival culturale di ottobre».

Il festival culturale?

Avevo già visitato il festival culturale del Kamiyama in passato e lo conoscevo abbastanza bene. In breve, si poteva descrivere come l'essenza stessa della cultura giovanile, concentrata in un’unica area. Secondo Satoshi, la cerimonia del tè, che si teneva al festival, era altamente consigliata per chiunque fosse interessato alle arti, mentre il concorso di break dance era un focolaio per tutti i futuri professionisti. Partecipavano anche un gran numero di club di varie tipologie. Durante i suoi tre anni di liceo, ricordo di aver visto mia sorella portare a scuola un mucchio di articoli.

Per così dire, il festival era la cristallizzazione della "rosea" vita liceale. Per quanto riguarda i miei sentimenti personali, credevo fosse meglio per me non dire nulla. Diciamo solo che non provavo un particolare risentimento.

Ad ogni modo, un articolo, eh? Stavo riflettendo sulla proposta di Chitanda, quando a un certo punto mi venne in mente una domanda: «Chitanda, scrivere un articolo è solo un risultato finale e non lo scopo vero e proprio del club, giusto?»

Chitanda scosse la testa e rispose: «No, ma se lo scopo del club fosse quello di scrivere un articolo, allora creando il risultato potremmo raggiungere uno scopo».

«Cosa?»

«Come ho appena detto, se il risultato fosse" lo scopo, allora tutto quello che dovremmo fare sarebbe puntare al risultato, giusto?»

Hmm. Alzai le sopracciglia, quando capii cosa stesse cercando di dirmi. Ma quella non era una tautologia?

Comunque, scrivere un articolo era una seccatura. Non potevo dire con certezza se ad infastidirmi fossero gli articolo, o qualsiasi altra attività che richiedesse una certa abilità nello scrivere, ma non farlo era di sicuro la scelta migliore. Che si trattasse dello scopo o dell'attività in sé, entrambe richiedevano tempo e fatica. Tutto questo si traduceva in uno spreco di energie.

«Scrivere un articolo è troppo faticoso. Inoltre... Tre autori sono un po' troppi».

Eppure, Chitanda continuò a insistere sulla sua proposta.

«No, dobbiamo scrivere un articolo».

«Se proprio ci tieni a partecipare, allora possiamo allestire una bancarella o qualcosa di simile».

«Le bancarelle non sono consentite al festival del Kamiyama. Quindi, no, dobbiamo scrivere un articolo».

«Perché…?»

«Il budget del nostro club fa preciso riferimento alla "pubblicazione di un articolo". Sarebbe problematico se non lo facessimo».

Chitanda tirò fuori dalla tasca un pezzo di carta ben piegato e me lo mostrò. In effetti, il budget annuale del club di letteratura di quell'anno era stato specificatamente assegnato allo scopo di "pubblicare un articolo".

«Tra l’altro, anche il professor Ooide ci ha chiesto di pubblicarlo. Quella dell’articolo è ormai una tradizione che dura da oltre 30 anni e non vuole che venga interrotta».

«...»

La regola generale dichiara che le persone ragionevoli tendono ad essere intelligenti, tuttavia questo non significa che le persone irragionevoli siano invece stupide. Chitanda non era affatto stupida, eppure era chiaramente irragionevole. Per cominciare, lei aveva fatto appello al lato sentimentale della situazione, piuttosto che a quello economico, e aveva deciso l'attività del club solo sulla base della tradizione. Alla fine, capii che criticare era qualcosa di inutile, così sorrisi amaramente e cedetti: «Ok, ok. Pubblicheremo un articolo».

Così, terminarono senza troppe cerimonie i miei giorni spensierati senza scopo. Perlomeno, ero ancora in buona salute.

Fuori stava ancora piovendo. Dato che non era ancora il momento giusto per tornare a casa, decisi di chiedere: «Allora, come scriveremo questa antologia?»

«Come? Cosa intendi?»

«Di cosa parlavano le antologie degli anni scorsi?»

Anche se era improbabile, mi ero ormai rassegnato all'idea di dover scrivere una sorta di saggio accademico con titoli simili a "Recensione delle Cronache degli Otto Cani[2]", "Racconti di Pioggia e di Luna[3] - Il ruolo dell'imperatore ne Il Picco Bianco[4]" o "Il Grande Specchio[5] – Cambiamenti sociali all'interno del romanzo e confutazione dell’antologia dello scorso anno". Per sicurezza, avrei dovuto includere anche un'appendice. In ogni caso, sapevo benissimo che non sarei riuscito a scrivere qualcosa, in grado di eguagliare i lavori degli anni precedenti. Tuttavia, per iniziare a buttare giù qualche idea, avevo bisogno di sapere i temi che venivano trattati in questa cosiddetta tradizione.

Ricevetti però una risposta negativa.

«Hmm, non ne sono sicura. Mi chiedo cosa dovremmo scrivere...»

Come immaginavo. Nonostante Chitanda fosse la nostra presidentessa, anche lei faceva parte del club da poco più di un mese.

«Se riuscissimo a trovare i vecchi volumi, credo che potremmo scoprirlo».

«Dovrebbero trovarsi da qualche parte a scuola. Secondo te, dove potrebbero essere?»

«Nell'aula del club?»

Non potevo crederci.

Stare al passo con il ritmo dei suoi pensieri mi faceva sentire patetico. Indicai prontamente il pavimento con il dito, cercando di aiutarla.

«... Ah! È questa l’aula del club».

Esattamente.

«Ma allo stesso tempo non lo sembra...»

In effetti aveva ragione.

Oltre alle normali attrezzature didattiche, l’aula di geologia non aveva nient'altro al suo interno. Tutto quello che si poteva vedere erano la lavagna, i tavoli, le sedie e l’attrezzatura per la pulizia. Insomma, si trattava di una normale aula. Non c'era nessun posto dove i libri potessero essere conservati.

«A quanto pare, i vecchi volume non si trovano in questa stanza».

«Così sembra».

«Allora… proviamo con la biblioteca?»

Mi sembrava una buona soluzione, così annuii. Chitanda prese il suo zaino e si alzò.

«Andiamo».

Senza nemmeno aspettare la mia risposta, aprì la porta e uscì. Era piuttosto energica per essere una ragazza così elegante. Oh be’, la biblioteca si trovava lungo il percorso verso l’uscita e non era troppo lontana dall’aula del club.

No, un attimo. Quel giorno era venerdì, questo significava che ad occuparsi della biblioteca era...



«Guarda chi si rivede. È passato un po' di tempo dall’ultima volta, ma non mi sei mancato per nulla, Oreki».

Appena entrai in biblioteca, fui immediatamente accolto con sarcasmo. Come mi aspettavo, la persona seduta dietro il bancone era proprio Mayaka Ibara.

Io e Ibara ci conoscevamo da molto tempo, poiché fin dalle elementari siamo stati nella stessa classe per ben nove anni di fila. I suoi lineamenti infantili la caratterizzavano fin dall'infanzia ed erano cresciuti di poco, solo dopo essere diventata una studentessa delle superiori. Il suo aspetto bambinesco e la bassa statura la rendevano piuttosto carina, ma non dovevate farvi ingannare, perché lei portava sempre con sé un'arma nascosta. Se abbassavate la guardia anche per un solo secondo, venivate massacrati dalla sua colorata miscela di sarcasmo. Mi era stato persino detto di stare alla larga da lei, a causa delle storie di numerosi ragazzi che, ingannati dal suo bell'aspetto, finivano per essere umiliati all'istante. Tra l’altro, Ibara non ammetteva mai i suoi errori e quindi molte persone la scambiavano per una ragazza insensibile.

Personalmente, non davo retta a questo genere di valutazioni sul suo conto.

Feci l'espressione più sgradevole che riuscissi a fare e risposi: «Ehi, sono solo venuto a farti visita».

«Questo posto è la sacra terra della cultura, non può essere visitata da persone come te».

Ibara era seduta a gambe incrociate sulla sedia dietro il bancone. Dal momento che il compito di un bibliotecario è quello di gestire i libri dati in prestito e poi restituiti, sembrava non avesse nient’altro da fare. Tuttavia, un’altra delle sue principali responsabilità era quella di risistemare sugli scaffali tutti i libri restituiti, e la scatola che li conteneva era evidentemente ancora piena. Ibara non era tipo di persona a cui piaceva oziare, quindi probabilmente stava aspettando di riceverne altri, in modo da sistemarli tutti in una volta. Nella sua mano teneva un grosso libro, che sicuramente leggeva per ammazzare il tempo.

In quel momento, la biblioteca era piuttosto affollata. Al suo interno, c'erano circa dieci tavoli e ciascuno di essi era occupato da uno o due studenti che leggevano. Alcuni stavano effettivamente leggendo per passare il tempo libero, ma sospettavo che altri lo stessero facendo in attesa che la pioggia smettesse. Notai che uno dei ragazzi ci stava osservando. Lo riconobbi subito, dato che era Satoshi Fukube.

Lo sguardo di Satoshi incontrò il mio e lui si alzò con il solito sorriso sulla faccia.

«Ehi, Houtarou, non mi aspettavo di incontrarti qui».

Ibara ci guardò con una faccia imbronciata e disse: «Vedo che siete ancora buoni amici. C’era da aspettare dalla coppia numero uno della scuola media Kaburaya».

Sapevo che era inutile discutere con lei, ma comunque dissi: «Stai zitta».

Ibara rispose categorica: «Sei proprio un piagnucolone per essere una persona così malinconica».

Un piagnucolone…?

Poi si girò verso Satoshi con un'espressione composta: «Ad ogni modo, Fuku, tu conosci i miei veri sentimenti, quindi dovresti aver capito che stavo scherzando, vero?»

«Ahh, non preoccuparti di quello, Mayaka. Non mi sono offeso».

«Cosa? Hai intenzione di perdonarla così facilmente nonostante tutto quello che ha detto?»

Satoshi mi guardò per un attimo e poi distolse lo sguardo. Sorrisi amaramente, anche perché sapevo che Ibara era innamorata di lui da tempo. Non avevo idea di quando tutto fosse iniziato, ma, in ogni caso, Satoshi continuava da allora a evitare le sue dichiarazioni d’amore.

Satoshi fece finta di tossire, tentando di cambiare argomento.

«Comunque, perché siete venuti in biblioteca?»

Ah, giusto, non ero venuto in biblioteca solo per salutare Ibara. Esortai Chitanda a dire qualcosa. Come se soffrisse di panico da palcoscenico, la ragazza con aria nervosa disse a Ibara: «Uh, ehm, ciao. Posso chiederti una cosa?»

«Certo, come posso aiutarti?»

«Volevo sapere se ci fossero delle antologie qui in biblioteca».

«Sì, sono su quelli scaffali laggiù».

«Ci sono anche le antologie realizzate dal club di letteratura?»

Ibara inclinò pensierosa la testa e disse: «Il club di letteratura? Hmm… mi dispiace, non ne sono sicura. Se vuoi, posso cercarli io per te».

Chitanda stava per esprimere la sua gratitudine, quando Satoshi la interruppe all'improvviso.

«Non troverete nulla. Mi è già capitato di controllare quelli scaffali, quindi le avrei notate. Mayaka, ci sono altri posti in cui potremmo cercare oltre a quelli scaffali?»

«Hmm, se non sono sugli scaffali, allora potrebbero trovarsi nell'archivio».

«Nell'archivio?»

Satoshi ci pensò per un attimo e poi chiese: «Chitanda, perché stai cercando delle antologie?»

«Ne pubblicheremo una per il festival culturale, così abbiamo pensato di dare un'occhiata ai numeri arretrati per avere un punto di riferimento».

«Oh, quindi sono per il festival Kanya, eh? Vedo che sei piuttosto informato su questo genere di cose, Houtarou».

Informato? Piuttosto, quelle informazioni mi erano state imposte con la forza. Inoltre, Chitanda non aveva di certo bisogno di me per essere informata.

Aspetta, qual era il nome del festival?

«Satoshi, come hai appena chiamato il festival culturale?»

«Festival Kanya. Non l'avete mai sentito prima? È il soprannome del festival culturale del Kamiyama».

Un soprannome? Qualcosa del tipo "festival Sophia" per l’università Sophia o "festival Mita" per l’università Keio? Mi era difficile crederci, considerando la precedente storia delle quattro "Famiglie Esponenziali".

«Ho i miei dubbi. Stai dicendo la verità?»

«Certo che sì, anche se si tratta di un soprannome non ufficiale. Gli studenti più grandi del club di cucito lo chiamano in questo modo. Lo stesso vale per il club di studio dei manga, Mayaka?»

Quindi Ibara faceva parte del club di studio dei manga? In effetti si adattava bene alla sua immagine, anche se sembrava comunque disdicevole.

«Sì, tutti lo chiamano festival Kanya. Anche i membri del comitato organizzativo lo chiamano in questo modo».

«Kanya? Come si scrive?»

Satoshi si mise una mano sul mento e rispose: «Non lo so, ma tutti lo chiamano così».

A quanto pareva, "Kanya" era davvero il soprannome del festival. Tuttavia, non riuscivo a trovare nemmeno una parola che avesse una pronuncia simile. Oh, be’, probabilmente bisognava essere dei professionisti, per trovare l’etimologia di una parola così stupida. Mentre stavo riflettendo, Satoshi aggiunse: «Forse si tratta di un’abbreviazione della parola "Kamiyama", che però è stata trasformata in "Kanyama" e infine è diventata "Kanya"».

C’era da aspettarselo da un esperto di informazioni inutili come Satoshi.

Stavamo chiaramente andando fuori tema, quando Ibara ci riportò, risoluta, alla questione originale.

«Ad ogni modo, state cercando delle antologie, giusto? Forse si trovano negli archivi, ma al momento la bibliotecaria è in riunione e non possiamo entrare senza il suo permesso. Probabilmente tornerà tra mezz'ora, volete aspettare?».

Mezz'ora? Nemmeno Chitanda aveva fretta di consultare subito le antologie, così mi guardò e sussurrò: «Cosa facciamo?» Mi andava bene qualsiasi decisione, ma notai che fuori pioveva ancora molto. Il bollettino meteorologico diceva che la pioggia si sarebbe fermata nel pomeriggio e che avremmo avuto una notte stellata, tuttavia le condizioni atmosferiche non sembravano voler migliorare. Alla fine, non avevamo altra scelta se non aspettare.

«Credo che aspetteremo».

«Anche se in teoria potresti andartene?»

Decisi di tornare al mio libro tascabile e riprendere la lettura dalla pagina in cui mi ero fermato. Satoshi tirò la manica a Ibara e disse: «Mayaka, perché non racconti a Houtarou la storia di cui mi stavi parlando prima?»

Ibara sollevò le sopracciglia e ci pensò per un attimo, prima di annuire.

«Va bene. Oreki, ti va di mettere in moto il cervello una volta tanto?»

No.

D’altro canto, anche Ibara non lo aveva mai fatto.

«Di che storia state parlando?»

Satoshi rispose alla domanda di Chitanda con il suo solito sorriso in faccia: «È la storia di un libro molto popolare, ma che nessuno mai legge».



«Come sapete, il mio turno è ogni venerdì dopo la scuola. Ultimamente, mi sono accorta che un determinato libro viene restituito sempre lo stesso giorno di ogni settimana. Questa è la quinta settimana di fila. Non lo trovate strano?»

Ibara cominciò a parlare, mentre io cercavo una scrivania dove potermi sedere e leggere il mio libro. Sfortunatamente, non c'erano posti disponibili in una stanza così affollata, quindi dovetti sedermi al tavolo che Satoshi stava già occupando.

Poiché il tavolo era vicino al bancone, si potevano chiaramente sentire le voci di Chitanda e Ibara.

«È un libro famoso?»

«Voi cosa ne pensate?»

Ibara ci mostrò il grosso libro che teneva in mano.

«Oh, che bello...»

Chitanda sussultò sbalordita e poi girò lo sguardo verso di me. La ragazza aveva un’espressione felice come se qualcuno le avesse appena fatto un regalo. Il libro era rilegato in una copertina di pelle finemente decorata e il suo colore blu scuro gli dava un'aria solenne. Il titolo del libro era "Istituto Superiore Kamiyama: Viaggio nei sui 50 anni di storia". Oltre ad essere spesso, era anche un libro piuttosto grande sia in lunghezza che in larghezza.

«Posso dargli un’occhiata?»

«Certo».

Dopo aver preso il libro tascabile dal mio zaino a tracolla, iniziai a cercare l’ultima pagina che avevo letto. La mia vista fu però rapidamente ostruita dalla copertina finemente decorata di un altro libro. Era stata Chitanda che, dopo aver aperto il suddetto libro (Istituto Superiore Kamiyama: Viaggio nei sui 50 anni di storia), lo aveva appoggiato sopra al mio romanzo per mostrarmelo. Anche se non ero del tutto interessato, decisi comunque di dare un’occhiata veloce al suo contenuto. Il libro non faceva altro che descrivere la storia del nostro istituto. Questa era una delle pagine:



1972


Eventi in Giappone e nel mondo:

  • 15 maggio: Okinawa torna sotto la sovranità giapponese. Istituzione della prefettura di Okinawa.
  • 29 settembre: Firma della Dichiarazione Congiunta fra Giappone e Cina. Normalizzazione dei rapporti diplomatici tra i due Paesi.
  • Aumento improvviso dei prezzi dei terreni e delle materie prime quello stesso anno.


Eventi nell’Istituto Superiore Kamiyama:

◯ 7 giugno: Il club di tiro con l’arco vince per la prima volta il Torneo Esordienti della Prefettura.
◯ 1 luglio: Cancellazione della gita scolastica per gli studenti del 1° anno a causa di un tifone.
◻ 10-14 ottobre: festival culturale.
◻ 30 ottobre: festival dello sport.
◻ 16-19 novembre: gita scolastica per gli studenti del 2° anno - Sasebo, Nagasaki.
◻ 23-24 gennaio: corso di sci per gli studenti del 1° anno.
◯ 2 febbraio: funerali dello studente del 1° anno Ooide Naoto, morto in un incidente automobilistico.



Il libro era pieno di informazioni del genere. Leggere tutto il suo contenuto non era di certo un’impresa semplice. Io personalmente non sarei mai arrivato a prenderlo in prestito una volta a settimana, ma non mi sarei sorpreso se qualcuno lo avesse fatto.

«Houtarou, scommetto che stai pensando qualcosa del tipo: "Non sarei sorpreso se qualcuno lo prendesse in prestito una volta a settimana", vero?»

Smettila di leggermi la mente, dannata psichica.

Dato che non avevo controbattuto, Ibara gonfiò il suo petto particolarmente piccolo e disse: «Non è così semplice. Immagino che tu non sia molto abituato a frequentare la biblioteca, quindi lasciami spiegare. È possibile tenere un libro in prestito fino a due settimane, perciò non è necessario restituirlo solo una settimana dopo».

«Eppure, questo libro viene restituito ogni singola settimana».

In effetti… era davvero molto strano.

«C'è un modo per scoprire chi ha preso in prestito quel libro?»

«Certo. Dietro la copertina c’è una lista dettagliata. Date un'occhiata».

Chitanda si girò subito verso la copertina e scrutò la lista.

La ragazza sussultò: «Eh?»

«Che succede?»

La lista conteneva i nomi di tutti gli studenti che avevano preso in prestito il libro e le varie date che, in effetti, avevano una differenza tra loro di esattamente una settimana. Tuttavia, non era questo il motivo per cui Chitanda aveva sussultato. Infatti, lei mi stava indicando con il dito la lista dei nomi.


Quella settimana, il libro era stato preso in prestito da Kyouko Machida della classe 2-D.
La settimana precedente, era stata Misaki Sawakiguchi della classe 2-F.
Due settimane prima, Ryouko Yamaguchi, classe 2-E.
Tre settimane prima, Saori Shima, classe 2-E.
E infine, quattro settimane prima, Yoshie Suzuki, classe 2-D.


«In poche parole, è stato preso in prestito da una persona diversa ogni settimana?»

«E non è tutto».

Chitanda mi indicò le date. Le osservai con attenzione e notai che l’ultimo prestito era avvenuto quello stesso giorno. La data precedente, invece, corrispondeva esattamente a sette giorni prima.

«Il libro viene preso in prestito ogni venerdì».

«Esattamente. Inoltre, viene restituito lo stesso giorno in cui viene preso in prestito. Questa Kyouko Machida, ad esempio, ha preso in prestito il libro venerdì scorso e lo ha restituito qualche ora più tardi. Lo stesso vale per le altre studentesse. Sappiamo anche gli orari precisi: il prestito avviene durante la pausa pranzo, mentre la restituzione dopo la fine delle lezioni. Di certo, non avrebbero mai potuto finirlo di leggere».

«...»

«Allora? Sei curiosa?»

Dopo aver consegnato il libro a Ibara, Chitanda annuì leggermente con la testa.

«Sì... sono "molto" curiosa».

Stava parlando con un tono più serio del solito. Proprio come l'ultima volta, le sue pupille sembravano più grandi e, dentro di loro, dimorava un forte interesse.

«E quale sarebbe il motivo?»

Grazie al mistero del libro, la fiamma della curiosità si era riaccesa dentro Chitanda. Satoshi non mi avrebbe aiutato a spegnere l'incendio, perché probabilmente avrebbe fatto il finto tonto, cercando di ignorarci. Decisi di tornare a leggere il mio libro.

Non avevo ancora capito che la punta della lancia era ormai rivolta verso di me. Per la seconda volta, Chitanda appoggiò quel grosso libro (Istituto Superiore Kamiyama: Viaggio nei sui 50 anni di storia) sopra al romanzo che stavo leggendo e disse: «Cosa ne pensi, Oreki?»

«Eh? Io?»

Invece della sua solita espressione gentile, Satoshi ora mi sorrideva con aria divertita. Capii subito cosa stesse succedendo. Ero stato attirato nella sua trappola. In quel momento, volevo maledire lui e i suoi piani malvagi.

«Pensiamoci insieme».

«...»

«Che ne dici, Oreki?»

Perché? Perché proprio io? Mi stava bene la vigorosa curiosità di Chitanda e dovevo ammettere che Satoshi aveva alcune qualità positive, anche se faceva scherzi di continuo, ma perché dovevo essere obbligato a partecipare ai giochi di Chitanda e sopportarla?

Eppure, era anche vero che la situazione si erano evoluta fino al punto in cui trovare una via di fuga sarebbe stato impossibile. Così, fui costretto a rispondere: «Sì… credo che sia "molto" interessante. Ci penserò».

Ibara si posizionò accanto a Satoshi e gli chiese: «Fuku, Oreki è davvero intelligente?»

«Per niente. Di solito non è affidabile, ma a volte si dimostra all'altezza del compito».

Ibara e Satoshi non smettevano di fare gli insolenti.

Iniziai quindi a pensare.



Visto che il libro era stato preso in prestito e restituito lo stesso giorno, per ben cinque settimane di fila e da persone completamente diverse, la possibilità che si fosse trattata di una coincidenza non era da escludere. Tuttavia, Chitanda non avrebbe mai accettato una spiegazione del genere, quindi dovevo pensare ad altro. In quel momento, ottenere la sua accettazione era più importante della verità.

Ad ogni modo, scartare la teoria della coincidenza non era semplice. Di certo, il libro non era stato preso in prestito per leggerlo, poiché l’arco di tempo che andava dall'ora di pranzo alla fine delle lezioni era davvero troppo breve. Se ci pensate, sarebbe stato più logico portarlo a casa o semplicemente leggerlo in biblioteca dopo la scuola. Addirittura, in quest'ultimo caso, non sarebbe stato nemmeno necessario prenderlo in prestito. Doveva esserci di sicuro un’altra motivazione.

«Perché queste ragazze hanno preso in prestito il libro, se poi non lo hanno letto…?»

Chitanda rispose: «È pesante, quindi forse lo hanno usato per tenere chiusi i barattoli di sottaceti».

Satoshi rispose: «Forse lo hanno usato come scudo».

Ibara rispose: «Dato che è spesso, probabilmente lo hanno usato come cuscino».

Non avrei mai dovuto chiederlo.

Decisi di spostare l'attenzione su un altro fattore.

Perché il libro era stato preso in prestito da una persona diversa ogni settimana? Escludendo l’ipotesi della coincidenza, c’erano altre due possibilità da prendere in considerazione. La prima era quella secondo cui le ragazze non avevano assolutamente nulla in comune e utilizzavano a turno il libro, ogni venerdì pomeriggio, per effettuare una sorta di "rituale".

Probabilmente avevano ricevuto una predizione simile a "il tuo oggetto fortunato di questo mese è il libro sulla storia dell’istituto. Se lo prenderai in prestito ogni venerdì pomeriggio e lo restituirai quello stesso giorno, incontrerai l'uomo dei tuoi sogni".

Nah, era un motivo troppo stupido...

Rimaneva quindi solo la seconda possibilità, secondo cui le ragazze avevano qualcosa in comune.

Dando un’occhiata ai nomi, si poteva facilmente notare che erano tutte ragazze, eppure questo particolare non era sufficiente per stabilire un tratto comune. All'interno del Kamiyama, se cinque persone venivano scelte a caso, c'era una possibilità elevata che fossero tutte ragazze. Ad ogni modo, non è insolito che persone dello stesso sesso abbiano la tendenza a riunirsi in un unico ambiente.

Inoltre, tutte quelle ragazze frequentavano il secondo anno, il che poteva essere un altro punto in comune. Tuttavia le loro classi erano diverse.

Hmm...?

Mi venne in mente una cosa...

«Che succede? Ti sei fatto qualche idea?»

Probabilmente sì, ma il mio flusso di pensieri era stato spazzato via dall'intervento di Satoshi… Dov'ero rimasto?

In ogni caso, decisi di ricominciare dal punto in cui i miei pensieri avevano iniziato a collegarsi tra loro.

«Forse il libro contiene una sorta di messaggio... Magari lo utilizzano per comunicare segretamente tra loro. Ad esempio, se il libro viene restituito rivolto verso l’alto, significa "sì", mentre se è rivolto verso il basso, significa "no"».

«Perché comunicano in questo modo?»

«È solo un esempio. Qualsiasi cosa andrebbe bene».

Chitanda inclinò la testa e iniziò a pensare. Sembrava che la spiegazione la stesse convincendo.

Purtroppo, qualcuno riuscì però a spezzare la mia tesi. Non si trattava di Chitanda, ma bensì di Ibara.

«Non credo sia possibile. Guarda lì».

Ibara indicò la scatola che conteneva i libri restituiti. In effetti, non c’era modo di sapere se un libro fosse stato restituito rivolto verso l’alto o il basso. Solo chi avesse aperto la scatola, ovvero la bibliotecaria, avrebbe potuto saperlo.

Maledizione. Qualsiasi teoria superficiale sarebbe stata una preda facile per Ibara.

Non mi veniva nulla in mente. Forse avevano una chiave di riserva per aprire la scatola, ma non avevo nessuna prova. Avevo bisogno di un indizio. Guardai il libro nelle mani di Ibara e mi chiesi se fosse il caso di arrendermi.

In quel momento, Chitanda entrò improvvisamente nel mio campo visivo. La ragazza allungò il suo corpo lungo il tavolo e iniziò a fissare il libro che Ibara teneva stretto al petto.

«Eh? Eeh?»

Quella reazione lasciò Ibara senza parole. Capivo come si sentisse.

«Che succede, Chitanda? Hai visto dei simboli nascosti sulla copertina?»

Chitanda rimase immobile e mormorò: «Quel libro… ha uno strano odore».

«Davvero? Ibara, puoi passami il libro? …Io non sento nulla».

«No, ne sono sicura».

«Il libro in sé non dovrebbe avere alcun odore. Forse si tratta dell’inchiostro».

Chitanda scosse la testa al suggerimento di Satoshi.

Sia Ibara che Satoshi annusarono il libro, senza però sentire alcun odore. Alla fine, entrambi alzarono le sopracciglia ed inclinarono la testa con aria perplessa.

«Non so che odore sia, ma è molto forte. Assomiglia a vernice».

«Smettila di dire cose così pericolose».

«Pericolose? Non capisco…»

Nemmeno io. Ad ogni modo, avevo la sensazione che Chitanda avesse ragione, dopotutto ne sembrava estremamente convinta e il particolare della vernice non sembrava inventato.

Se ciò era vero, allora… Hmm.

… Avevo probabilmente raggiunto una conclusione, ma spiegare tutto era una seccatura.

Mentre mi domandavo cosa avrei dovuto fare, Satoshi mi aveva già letto la mente e disse: «Houtarou, la tua faccia mi dice che hai capito qualcosa».

«Eh? Oreki ci è riuscito davvero?»

Ibara si girò verso di me con un’espressione scettica. Io annuii e le risposi onestamente: «Più o meno. Anche se non ne sono del tutto certo… Chitanda, vuoi fare un po’ di esercizio fisico? Ho bisogno che tu vada in posto per me».

Chitanda era il tipo di persona, che sarebbe schizzata via appena le avessi detto cosa fare, tuttavia Satoshi la fermò con un sorriso in faccia.

«Non farti ingannare, Chitanda. Non hai intenzione di sbrigare commissioni per Houtarou, vero? Altrimenti finiresti per fare tutto quello che vuole lui. A cosa stavi pensando?»

Quanto riprovevole. Satoshi tendeva a dire troppo ogni volta che Ibara era in giro. Ad ogni modo, quello che aveva detto non era sbagliato, quindi non ne ero troppo dispiaciuto. Era vero che se non avessi chiesto a qualcun altro, io non avrei mai portato a termine una faccenda.

«Molto bene, verrò anch’io. Dato che oggi non abbiamo fatto la lezioni di educazione fisica a causa della pioggia, ho ancora qualche energia residua».

Chitanda sarebbe inevitabilmente venuta insieme a me. E poi...

«Hmm, credo che verrò anch’io. Se Oreki riuscisse davvero a risolvere il mistero, rimarrei scioccata... Fuku, potresti sostituirmi per un attimo?»

Dopo di che, Ibara si allontanò dal bancone, mentre Satoshi rispose con aria sbalordita: «Uhm, ok». Senza dire una parola, si posizionò dietro al bancone. Era da un po' che non lo vedevo così triste.



Quando fummo soddisfatti dai risultati ottenuti, tornammo in biblioteca.

«Come è andata?»

«Fuku, Oreki è un po' strano».

«Sicuramente lo è, te ne sei accorta?»

«Come ha fatto a capire tutto questo...»

Ibara continuava a mormorare con aria turbata: «Come è possibile…» Sembrava che mi stesse guardando come una sorta di eroe circondato da un'aura scintillante, anche se non sarei mai stato in grado di brillare senza un po' di fortuna.

«Oreki mi ha davvero sorpresa. Sono curiosa di sapere cosa ci sia nella sua testa».

La mia mente fu attraversata da un'immagine di Chitanda alle prese con una lobotomia alla mia testa, all’interno dello scantinato di una magione, durante una tempesta notturna. Solo immaginarlo mi fece venire i brividi. In ogni caso, la capacità di Chitanda di fiutare un odore così debole, quando nessun altro riusciva a sentirlo, restava un mistero più grande di quello del libro.

«Se si tratta di Oreki, allora potrebbe…»

Potrei fare cosa? Per favore, non mi andava di essere usato come ingrediente per qualche organismo cibernetico.

Ibara si riposizionò dietro al bancone e Satoshi chiese: «Allora, sentiamo la spiegazione. Houtarou, dove siete andati?»

Poggiando i gomiti sul bancone, risposi: «Nell’aula di arte».

«L’aula di arte? Nella parte opposta dell’istituto?»

«Ecco perché non ci volevo andare».

«Cosa avete scoperto lì?»

«Ascoltami».

Cominciai a ripetere tutto quello che avevo già spiegato a Chitanda e Ibara: «Questo libro viene utilizzato tra la quinta e la sesta ora di ogni venerdì, quindi in un arco di tempo di circa 2 ore. Nessuno sarebbe in grado di leggere un libro così enorme durante la pausa pranzo. L’unica possibilità è che questo libro venga utilizzato durante le lezioni che coinvolgono studenti dello stesso anno, ma di classi diverse».

Le mie riflessioni erano arrivate a questo punto, prima che Satoshi mi interrompesse. Al centro del nostro mistero, c’era un luogo in cui Chitanda aveva avuto modo di conoscermi e di ricordarsi il mio nome, nonostante non mi avesse mai visto prima. Aspetta, dove mi aveva incontrato?

«Le lezioni che rientrano in questa categoria sono due: educazione fisica e arte. Ovviamente, un libro sarebbe inutile durante l’ora di educazione fisica, quindi è da escludere. Se date un'occhiata attenta alla copertina del libro, noterete che su di essa si è accumulata una leggera quantità di tempera. Queste cinque ragazze stavano usando il libro per le loro lezioni, e hanno deciso di prenderlo a turno in prestito ogni settimana».

Satoshi mi interruppe e disse: «Ma non capisco perché lo fanno una volta a settimana. Voglio dire, puoi tenerlo in prestito per due settimane...»

«Smettila di dire le stesse cose di Ibara. Voi due dovete andare davvero d'accordo per dire le stesse cose. Satoshi, tu terresti un libro che non hai intenzione di leggere? Sarebbe ovviamente più efficiente riportarlo in biblioteca, invece di portarlo a casa».

«Capisco… E cosa avete visto quando siete andanti lì?»

«Ormai dovresti averlo capito. Abbiamo visto gli studenti delle classi 2-D, 2-E e 2-F, che dipingevano durante la lezione di arte».

Nell’aula, c'erano dei dipinti che ritraevano soggetti simili in stili differenti. C’erano anche i ritratti dei vari studenti, seduti accanto a un tavolo decorato da un fiore. Nella mano delle ragazze si trovava niente meno che l’elegante libro intitolato "Istituto Superiore Kamiyama: Viaggio nei sui 50 anni di storia". Era un dipinto molto dettagliato, e artisticamente parlando, era piuttosto affascinante.

«Sei incredibile, Houtarou. Allora, qual era l’odore che sentiva Chitanda?»

«Ovviamente l’odore della tempera. Se n’è resa conto anche lei, appena siamo entrati nell’aula di arte».

Satoshi iniziò a battere le mani senza riserve.

«Wow, sei stato fantastico. Grazie a te, ho sperimentato del tempo di qualità».

Chitanda sorrise in approvazione.

«Sì, è stato divertente. Sembra che il tempo sia volato in un lampo».

«In primo luogo, non so nemmeno quanto tempo sia passato… ma non posso crederci che Oreki sia davvero riuscito a risolvere il mistero!»

Se da una parte loro sembravano strabiliati, per me era invece del tutto diverso. Ibara era stata la prima a pensare che l’intera faccenda fosse strana, Chitanda era quella che aveva deciso di investigare per pura curiosità e Satoshi voleva semplicemente godersi lo spettacolo; tutti loro erano diversi da me. Cominciai a chiedermi se anche io avrei avuto una reazione simile, partecipando al festival Kanya.

Come dire… Oh, be’, lasciamo perdere.

La pioggia stava diventando più debole e il tempo di tornare a casa si avvicinava.

Mentre stavo per prendere la mia borsa, Chitanda mi fermò.

«Non possiamo andarcene. Dobbiamo aspettare».

«Cosa? Abbiamo qualcos’altro da fare?»

Notai che Satoshi e Ibara mi stavano fissando freddamente. Avevo fatto qualcosa di sbagliato?

«Oreki, ti ricordi perché sei venuto qui?»

Per risolvere il mistero del libro molto popolare ma che nessuno legge…

No, aspetta. Giusto, mi ero dimenticato dell’antologia! Satoshi scoppiò a ridere.

«Andiamo, ragazzi. Ogni tanto Houtarou ha qualche rotella fuori posto».

«Ogni tanto? Fuku, sei troppo buono».

Argh, mi ero appena comportato in modo stupido di fronte a loro due.

Ibara sembrava intenzionata a continuare, quando una voce fece capolino da dietro al bancone.

«Ibara, grazie per l’aiuto. Ora puoi tornare a casa».

«Ah, certamente. Anche lei sta tornando a casa, professoressa Itoikawa?»

Era un’insegnante e, anche se non l’avevo mai vista prima, sapevo che era la bibliotecaria. Nonostante fosse una donna alla fine della mezza età, era piuttosto bassa di statura. Un’occhiata alla sua targhetta mi permise di risalire al suo nome completo: Youko Itoikawa.

All’arrivo della bibliotecaria, Satoshi si mise subito al lavoro.

«Professoressa, sono Satoshi Fukube del club di letteratura. Abbiamo intenzione di pubblicare un’antologia e vorremmo vedere gli arretrati per avere un punto di riferimento, ma non riusciamo a trovarli sugli scaffali normali. Quindi ci stavamo chiedendo se potessimo dare un’occhiata agli archivi».

«Club di letteratura?... Antologia?»

La professoressa Itoikawa iniziò a parlare con aria sorpresa. Probabilmente pensava che il club di letteratura fosse stato sciolto.

«Fai parte del club di letteratura? Capisco… Scusami, ma la libreria non possiede nessuna antologia di cui io sia al corrente».

«Eeh, allora gli archivi?»

«Neanche lì».

«Forse qualcosa è stato tralasciato…»

«Non credo sia possibile».


CONTINUA...


Torna al Capitolo 2 - La Rinascita del Tradizionale Club di Letteratura Torna alla Pagina Principale Vai al Capitolo 4 - I Discendenti del Movimentato Club di Letteratura
  1. Nell’originale, si fa riferimento a un gioco di parole tra "arido" (不毛) e "due campi agricoli" (二毛作). Purtroppo, la battuta è impossibile da riproporre in italiano.
  2. Cronache degli Otto Cani (Nansō satomi hakkendenin) è un'opera letteraria formata da 106 volumi scritta da Kyokutei Bakin. Elaborata tra il 1814 e il 1842 è basato su un romanzo storico cinese noto come I briganti. Molto probabilmente si tratta del romanzo più lungo mai scritto.
  3. Racconti di Pioggia e di Luna (Ugetsu monogatari) è una raccolta di storie dello scrittore giapponese Ueda Akinari. È stata completata nel 1768 e pubblicata nel 1776, durante il periodo Edo.
  4. Il Picco Bianco (Shiramine) è la prima storia inclusa nei Racconti di Pioggia e di Luna.
  5. Il Grande Specchio (Ōkagami) è un racconto storico giapponese scritto intorno al 1119 da un autore ignoto.